martedì 21 novembre 2017

Percorso nella letteratura italiana del Novecento



Un'immagine poetica di grande valore simbolico è quella del vento, presente, con diverse variazioni, nei testi di autori antichi e moderni.
Qui proponiamo un percorso nella letteratura italiana del Novecento, che si snoda attraverso alcune opere di Eugenio Montale.

Un'immagine poetica di grande diffusione e di grande valenza simbolica, qual è quella del vento. Un'immagine già cara agli antichissimi, come dimostrano i poemi omerici e la Bibbia, e molto diffusa anche nella letteratura italiana, da quella delle origini (pensiamo a Dante e a Petrarca), fino a Foscolo e a Leopardi. Nelle Ricordanze, per esempio, il vento reca con sé «il suon dell'ora», divenendo quindi il simbolo dello scorrere del tempo e di ciò che lo scorrere del tempo comporta.
È quanto viene descritto anche nell'Infinito: «E come il vento / odo stormir tra queste piante, io quello / infinito silenzio a questa voce / vo comparando: e mi sovvien l'eterno…».
Questo legame tra il vento e il fluire del tempo è attivo nella metafora proverbiale del "vento della storia", che nella tradizione filosofica dell'Idealismo rappresenta l'azione dello Spirito nella dimensione del saeculum: il vento del progresso, che sconvolge le esistenze personali, il vento dell'inatteso, dell'inaspettato, dell'imponderabile che pervade le vicende storiche, individuali e collettive.
La molteplicità prospettica di questa immagine innerva in modo peculiare la letteratura italiana maturata negli anni terribili dei conflitti mondiali: l'inatteso è qualcosa di profondamente conturbante nella condizione di precarietà dell'uomo novecentesco.


Il vento vitale o ostile nella poetica di Eugenio Montale


Nell'opera poetica di Eugenio Montale, a partire dagli Ossi di seppia, questa immagine ha una «caratterizzazione ancipite»: a volte essa è «segno di vitalità positiva»; a volte, invece, è la «perturbante manifestazione di una realtà esterna ostile».
Il vento compare subito nella raccolta montaliana, fin dal primo verso del proemiale In limine: «Godi, se il vento ch'entra nel pomario / vi rimena l'ondata della vita». In esso è avvertibile l'idea di un cambiamento di vita non solo individuale, ma direi cosmico, universale.
Il primo testo è quello dello Scirocco, che viene da sud-est, e del suo «rabido ventare», simbolo degli «inafferrati eventi, / luci-ombre, commovimenti / delle cose malferme della terra».


Copertina del libro
Il secondo testo invece è legato al vento di Tramontana, che proviene da nord, immagine di «una volontà di ferro» che «spazza l'aria, / divelle gli arbusti, strapazza i palmizi»; esso è «un urlo solo, un muglio / di scerpate esistenze». Nel terzo testo, invece, il poeta descrive l'arrivo del Maestrale, il quale, provenendo Le occasioni, invece, si chiudono emblematicamente con una parola di grandissima intensità, una parola tronca, che, come un taglio, recide il discorso poetico, continuando a riecheggiare nel lettore, giunto alla fine del libro: «Si disfà / un cumulo di strame: e tardi usciti / a unire la mia veglia al tuo profondo / sonno che li riceve, i porcospini / s'abbeverano a un filo di pietà».
In questa terza raccolta il vento assume per lo più una valenza negativa, essendo parte della bufera, immagine che allude alla catastrofe bellica del secondo conflitto mondiale, nonché chiara «epifania del male assoluto e metafisico, che sempre insidia la storia e incombe sull'uomo, minacciandone l'esistenza».




I poeti impiegano la lingua della poesia: alcune immagini rimangono fisse nella memoria e così, con naturali variazioni, si ripresentano costantemente nella mente e nel cuore di autori e lettori i grandi temi della riflessione sulla vita, sul destino e sulle possibilità di un esistenziale riscatto.





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